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Il problema ancora irrisolto della trasformazione dei «rustici»

Come dappertutto nelle Alpi, anche in Ticino esiste un vasto patrimonio di insediamenti e di edifici utilitari dispersi che caratterizzano il paesaggio culturale tradizionale. Il numero dei fabbricati situati fuori dalle zone edificabili è stato stimato a circa 70 mila. Su un totale di 245 comuni (stato 2002), in 190 di essi sono stati inventariati 56 mila edifici di cui 20 mila costruiti dopo gli anni Cinquanta del secolo scorso, 7 mila già trasformati in residenze secondarie e 15 mila di cui la pianificazione locale ha ammesso il cambiamento di destinazione.

 

Anzitutto, nella tutela di paesaggi culturali bisogna evitare gli estremi della museificazione – che condurrebbe inevitabilmente alla produzione di vere e proprie ‘disneyland alpine’ – e dello sfruttamento monofunzionale intensivo – che comporta la riproduzione di insediamenti identici a quelli della periferia urbana (vedi, per esempio i centri di sport invernali). Si tratta invece di optare per un’evoluzione dei paesaggi in termini produttivi sostenibili che sappiano coniugare tradizione e innovazione senza che l'una prevarichi sull'altra. In altre parole, i paesaggi culturali devono poter mantenere il loro carattere di base materiale per la produzione di beni alimentari nel rispetto di quegli elementi naturali che garantiscono il massimo di biodiversità ed essere utilizzati solo in modo complementare come spazi di svago della popolazione urbana.

 

Premessi questi principi di pianificazione del territorio, nell’ambito della trasformazione e riattamento degli edifici vernacolari per la residenza secondaria, si tratta di adattare i bisogni del confort abitativo moderno alle preesistenze e non viceversa e di saper utilizzare con parsimonia materiali moderni poveri garantendo nel contempo la ripetitività dei dettagli costruttivi. Gli esempi dei Monti di Medeglia e di Cerentino riportati in questo articolo come pure le recenti realizzazioni austriache (Voralberg e Tirol) e svizzere (Grigioni) dimostrano che si possono realizzare dei riattamenti e delle nuove architetture innovative prendendo spunto dallo spirito di sobrietà dell'edilizia e dei paesaggi preesistenti, evitando di scimmiottare le forme e i materiali tradizionali, o di camuffare strutture moderne con presunte forme tradizionali (vedi i cosiddetti jumbo chalets).

 

 

Image: Giovanni Buzzi, Lugano

 

 

 

 

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